Alfredo Bovio Di Giovanni

Artista, autore di numerose mostre personali e collettive in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, testimoniano che la figura di Alfredo Bovio Di Giovanni sia stata riconosciuta fra le più interessanti del Novecento.

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Descrizione

Alfredo Bovio Di Giovanni è nato a Fontana Liri (FR) l’11 giugno 1907 ed è scomparso a Napoli l’8 gennaio 1995. Al seguito del padre, dipendente della Pubblica Amministrazione quindi sottoposto a trasferimenti, tutta la numerosa famiglia, originaria di Sant’Agata dei Goti, modifica spesso la residenza, vivendo a lungo a Nord, tornando in Campania dal Piemonte prima ad Avellino e poi definitivamente, nel 1920, a Ercolano. I vari spostamenti senz’altro hanno influenzato il carattere curioso e vivace di Alfredo, che si predispone presto al viaggio come ricerca del suo spirito inquieto. Il suo interesse per l’arte figurativa si manifesta già negli anni della sua formazione scolastica, rivelando poco più che adolescente un carattere fermamente portato ad approfondire gli aspetti del linguaggio artistico che percepisce essere in gran fermento. Consapevole che le innovazioni avvengano rapidamente e ben oltre gli angusti orizzonti a lui familiari, animato dunque dal bisogno di conoscere da vicino il complesso, vitale mondo delle Avanguardie al di là delle Alpi, comincia a viaggiare per l’Europa. La sua prima tappa, nel 1930, è Parigi dove respira le atmosfere cariche di tensione create dall’olandese Vincent Van Gogh, viene quindi attratto dagli esponenti della corrente del Simbolismo che aveva scosso le certezze di fine Ottocento investendo, fino a tutto il primo decennio del Novecento, della nuova e confusa visione profondamente antimpressionista e più ampliamente antinaturalista il settore dell’attività estetica. Sono pittori come Edvard Munch (morto nel 1944) o Ferdinand Hodler (1853-1918) ad esercitare un gran fascino sul Nostro, che a sua volta trae come immediata reazione il capovolgimento della sua narrazione di stampo ancora naturalistico dei primi dipinti, per acquisire conoscenze e mezzi pittorici che risulteranno fondamentali per la sua successiva produzione artistica. Nel 1933 Di Giovanni si trasferisce a Monaco e si interessa alle opere del gruppo del Cavaliere Azzurro, italianizzazione del movimento del Der Blues Reiter. Creato a Monaco nel 1911 dal russo Vasilij Kandinskij, e F. Marc, ai quali si associarono subito i migliori e più attivi artisti contemporanei, fu un movimento di grande vitalità che andò presto disperso con l’inizio della prima guerra mondiale, già dunque nel 1914. Le idee innovative dei linguaggi e delle tecniche in ogni settore dell’espressione artistica, insieme alla teorizzazione di un’arte come trasposizione dell’interiore sentire dell’uomo, ebbero comunque molta diffusione, anche dopo la dispersione, nel mondo artistico e soprattutto influenzarono fortemente, proprio per la carica innovativa, il di lì a poco nascente Bauhaus. Il linguaggio dell’estetica del Blues Reiter, per l’ideologia che rappresentava e per il linguaggio artistico ampliamente condiviso perché libero da schemi, sopravvisse in molti seguaci, tra i quali possono annoverarsi lo svizzero Paul Klee, Max Ernst, Oskar Kokoschka, Jackson PollocK, statunitense (noto soprattutto per aver creato la tecnica dl dripping su tela, nel 1946), tutti artisti che hanno fortemente influenzato Di Giovanni, favorendo la trasformazione della sua concezione pittorica, in effetti ancora acerba, quindi della sua espressione artistica. Surrealismo e astrattismo sembrano essere, dunque, gli spunti o le basi di una cultura pittorica senz’altro europea che il Maestro esprimerà nelle sue opere. Spirito libero e passionale, parte nel 1935 per la Spagna e vive da protagonista il dramma della guerra civile, prendendone parte come volontario. Rientrato in Italia con lo scoppio del II conflitto mondiale, riparte ben presto per la Germania nella vana speranza di ritrovare un fratello (Alfredo aveva altri sei fratelli) disperso, deportato in uno dei campi di concentramento che non riuscì mai a identificare. Rientrato per poco, parte nuovamente per Parigi dove conosce Magnelli, Severini, Borsi e Campigli con i quali stringe rapporti di amicizia, un vero sodalizio di pittori italiani accomunati dall’esigenza di riconoscersi, ed essere riconosciuti anch’essi, partecipi del rinnovamento che ha riguardato la cultura europea prima della II Guerra mondiale. Nel 1936, spinto da un senso di ribellione verso la diffusione di ideologie che non condivide, si reca a Barcellona, dove ha modo di apprezzare la pittura di Francisco Goya. Il senso tragico della vita e della morte che traspira dalle opere del maestro spagnolo colpisce Di Giovanni, che ritrova nella pittura del Goya “quel modo di essere artista mediterraneo imbevuto dei problemi dei popoli del Sud” (cit dall’artista); tuttavia la sua attenzione ai moduli espressivi del Goya non lo condurrà ad adottare formule compositive stereotipe conformi al modello. Personalità di grande coerenza, il Maestro reinterpreta il grande autore in una sorta di arricchimento non solo iconografico, confermando in quegli anni la sua linea creativa, in autonomia, senza incertezze, restio come sempre sarà ad allinearsi a movimenti o correnti artistiche di moda, portato invece a rielaborare in modo tutt’affatto individuale i temi che più lo potevano coinvolgere. Nel 1948 soggiorna a Milano quindi nel 1954 si stabilisce definitivamente con la moglie Ida e i due figli nella città di Napoli. Il sottotetto mansardato, quasi un omaggio all’uso parigino, di un antico palazzo di Ercolano diventa da quegli anni il suo atelièr d’artista, condividendo gli spazi al piano con il suo amico Carlo Montarsolo, artista napoletano ben noto. Dal 1954 fino al 1985 si dedica completamente alla pittura con una fervida attività espositiva in molte città italiane, seguito dalla critica giornalistica; avara sempre di riconoscimenti proprio la città di residenza, Napoli, dove espone di rado. Di Giovanni non aveva preso in mano i pennelli come discepolo nelle aule della storica Accademia napoletana di Belle Arti, non seguiva linee tracciate in qualche modo dallo stesso mondo accademico, non si adeguava alle mode, coerente all’evoluzione di una sua ricerca del tutto individuale sull’arte visiva. Interrompe poco prima della morte della morte di sua moglie Ida l’attività espositiva, continua comunque a dipingere fino al 7 gennaio 1995, anno della sua morte lasciando, in quest’ultima produzione, i segni della maturità del suo fare artistico. I numerosi cataloghi e le altrettanto numerose mostre personali e collettive in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, la consacrazione della critica più autorevole, testimoniano che la figura di Alfredo Bovio Di Giovanni sia stata riconosciuta fra le più interessanti del Novecento.

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