Marcello Mastroianni

Marcello Mastroianni è l'attore Italiano più amato e ricercato al mondo.

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Descrizione

Marcello Mastroianni (nome completo all’anagrafe Marcello Domenico Vincenzo) nasce a Fontana Liri, provincia di Terra di lavoro (oggi provincia di Frosinone), il 28 settembre 1924 da Ottorino, impiegato presso il laboratorio chimico del locale Polverificio Militare, e da Ida Irolle, ex impiegata della Banca d’Italia.
La famiglia Mastroianni, originaria della vicina Arpino, è una famiglia di falegnami, di artigiani-artisti, che ha scelto di vivere a Fontana Liri perché il nonno di Marcello, Vincenzo, padre di dieci figli (tra cui Umberto, che diverrà scultore di fama internazionale), aveva qui un laboratorio di falegnameria e contemporaneamente lavorava come capo-modellista presso il Polverificio Militare da poco impiantato in paese.
Nel 1926 il nonno Vincenzo viene trasferito dal Ministero della Guerra, da cui dipendeva il Polverificio, all’Arsenale di Torino e in pochi anni porta con sé tutta la numerosa famiglia, fra cui Marcello, all’età di quattro anni, con la mamma. Ottorino cura ancora per qualche tempo gli interessi a Fontana Liri, visitando di tanto in tanto la famiglia a Torino e raggiungendola definitivamente nel 1930, dopo la nascita, il 7 novembre 1929, del secondo figlio, Ruggero (che diverrà uno dei più famosi montatori cinematografici italiani).
Gli anni di Torino si rivelano per la famiglia Mastroianni anni difficili, di grandi difficoltà economiche, dovute sia alla mancanza di lavoro, sia ai problemi di salute di Ottorino. Così, quando Marcello frequenta ancora le prime classi delle elementari, nel 1933, la famiglia si trasferisce di nuovo, questa volta a Roma, nel quartiere Tuscolano, dove il padre di Marcello apre insieme al nonno Vincenzo una bottega di falegname. Marcello conclude le elementari presso l’Istituto A. Diaz in Piazza Lodi e si iscrive all’Istituto di Avviamento professionale Duca d’Aosta in Via Taranto, che a quel tempo ospitava una sezione del Centro Sperimentale di cinematografia. Mentre è ancora studente, mosso dalla passione per la recitazione, manifestata già dall’infanzia, inizia quasi per gioco a recitare negli spettacoli allestiti nell’Oratorio della parrocchia dei Santi Fabriano e Venanzio e poi in una Filodrammatica del suo quartiere.
Il sogno di fare l’attore lo porta ben presto a frequentare gli Studi di Cinecittà e, tramite i “buoni” per fare le comparse offertigli da amici che gestivano un ristorante all’interno della struttura (la famiglia Di Mauro), nel 1938 partecipa come comparsa in Marionette di Carmine Gallone, con Beniamino Gigli e Carla Rust e nel ’40 in Tosca, diretto da Jean Renoir e Carl Koch, assistente Luchino Visconti. Viene poi scritturato da Alessandro Blasetti per una parte ne La corona di ferro (1941) e da Mario Camerini in Una storia d'amore (1942).
A Cinecittà, durante le pause delle riprese, cerca insistentemente di farsi presentare a Vittorio De Sica, già regista affermato, tramite segnalazioni della sorella del regista, ex collega di sua madre presso la Banca d’Italia. Dopo varie insistenze e vari dinieghi, riesce ad ottenere di partecipare come comparsa nel film I bambini ci guardano (1943).
Nel 1943 consegue il diploma di perito edile presso l’Istituto Tecnico-Industriale Carlo Grella, oggi Galileo Galilei, e quindi si iscrive alla facoltà di Economia e Commercio, non tanto per conseguire la laurea, quanto con l’obiettivo di entrare nel C.U.T. (Centro Universitario Teatrale presso l’Università di Roma Studium Urbis), frequentato a quel tempo da registi e attori fra più prestigiosi del momento. È questa l’unica possibilità per lui di recitare in teatro.
Per mantenersi agli studi trova lavoro come disegnatore presso il Comune di Roma e nello stesso anno, per evitare la chiamata alle armi, partecipa a un concorso presso l’Istituto Geografico Militare di Firenze e viene assunto come cartografo.
Dopo gli eventi dell’8 settembre 1943 l’Istituto viene assorbito dall’Organizzazione Todt e spostato dai Tedeschi a Dobbiaco, per poi essere trasferito in Germania. Marcello lascia l’Istituto e, con un falso lasciapassare, insieme al pittore Remo Brindisi, fugge a Venezia, dove i due sbarcano il lunario vendendo ai turisti i disegni dei monumenti veneziani.
Dopo la Liberazione Marcello raggiunge di nuovo la famiglia a Roma e trova un impiego di contabile presso la casa di distribuzione cinematografica Eagle Lion Films.
Nell’immediato dopoguerra continua a recitare in vari teatri di Roma ( il Quirino, il Teatro delle arti, il teatro dell’Ateneo, il Teatro di via XX Settembre e di Via Piacenza) con vari registi: Lucio Chiavarelli (Liebelei, di Schnitzler, Vestire gli ignudi di Pirandello, Tutti i figli di Dio hanno le ali di O’ Neal); Mario Landi (Gli Indifferenti di Moravia); Anna Maria Rimoaldi (I dieci piccoli negretti da un racconto di Agatha Christie). Interpreta, è vero, piccoli ruoli, ma tali che comunque gli danno la possibilità manifestare il suo talento e di acquistare visibilità nell’ambiente dei teatri romani.
Nel 1947 interpreta la parte di un giovane rivoluzionario, un vero e proprio ruolo, anche se secondario, nel film I Miserabili di Riccardo Freda: è con questo film che inizia la lunga, ricca, filmografia di Marcello Mastroianni. Ma la sua vera attività di attore inizia in teatro, al CUT, dove era stato ammesso nel ’46 per interessamento di Giulietta Masina, e dove nel 1948 ottiene il ruolo di Orlando, accanto a lei, Angelica, nella commedia Angelica di Leo Ferrero. L’interpretazione di Mastroianni, anche se la sua è una parte secondaria, è molto apprezzata dal regista, dal pubblico e dalla critica e così egli viene scritturato nella Compagnia di Nino Besozzi.
Silvio D’Amico, presente a una rappresentazione, scrive che Marcello mostra un’entusiastica inesperienza.
In una replica della commedia viene notato da Emilio Amendola, amministratore della compagnia di Luchino Visconti, che andava alla ricerca di un giovane attore per una parte in Rosalinda o Come vi piace di W. Shakespeare. Presentato al regista e al suo assistente Franco Zeffirelli, Marcello è messo alla prova e quindi scritturato per la prima volta regolarmente: il debutto è al teatro Eliseo, il 26 novembre dello stesso anno.
Da questo momento, fino al 1956, Marcello fa stabilmente parte della compagnia Morelli-Stoppa-Visconti ottenendo ruoli sempre più importanti.
Il sodalizio con Luchino Visconti è fondamentale per la sua carriera artistica: lui, che non aveva mai frequentato né scuole di recitazione né accademie, capisce che con tale Maestro, severo ed esigente, a volte anche ingiurioso, può realizzare quell’esperienza che gli manca e che poi si rivelerà preziosa per la sua carriera di attore, non solo teatrale ma soprattutto cinematografico. «Certo, nel teatro, entrai dalla porta d’oro.- così dichiarerà Marcello- La compagnia diretta da Visconti era probabilmente la più importante di quegli anni: c’erano Rina Morelli, Paolo Stoppa, Vittorio Gassman […].Quelli furono certamente gli anni che mi hanno formato. La disciplina di Visconti, la sua grande esigenza, il suo perfezionismo (ma da artista!); i consigli ricevuti dai miei colleghi, specie da Rina Morelli, che mi proteggeva come una mammina: se so fare qualcosa, credo che lo devo molto a loro» (Marcello Mastroianni, Mi ricordo, sì, io mi ricordo, a cura di Francesco Tatò, Ed.Baldini & Castoldi, 1997, p. 47).
Tullio Kezich dirà che Mastroianni fu tirato su dal conte Visconti, ex allenatore di cavalli, con le durezze riservate a un purosangue.
Con Visconti Marcello muove i primi passi da attore e consegue i primi successi in teatro recitando, dopo Rosalinda, in altri nove spettacoli teatrali: Un tram che si chiama desiderio, di Tennessee Williams (in due edizioni , la prima all’Eliseo a Roma, nel 1949 e la seconda al Teatro Nuovo di Milano, nel 1951); Oreste di V. Alfieri (al teatro Quirino nel 1949); Troilo e Cressida di Shakespeare (al Giardino Boboli per il Maggio Musicale Fiorentino nel 1949); Morte di un commesso viaggiatore di A. Miller (al Teatro Eliseo nel 1951); La locandiera di C. Goldoni (in due edizioni, nel 1951 al Teatro La Fenice di Venezia e nel 1956 a Parigi per il Festival delle Nazioni), Le tre sorelle (1952) e Zio Vanja di Čechov (1955) al Teatro Eliseo.
Il 12 agosto 1950 sposa Flora Carabella, figlia del musicista Ezio Carabella, anche lei attrice, collega nell’opera Un tram che si chiama desiderio.
Il 2 dicembre del 1951 nasce la prima figlia Barbara.
Nel frattempo, mentre si afferma sul palcoscenico e acquista sempre più visibilità e successo, Marcello è sempre più attratto dal cinema e continua a frequentare gli studi di Cinecittà lavorando in maniera febbrile e con interpretazioni sempre più importanti (spesso di giorno partecipa alle riprese e di sera recita in teatro).
Il suo grande talento, sostenuto dalla sua bellezza latina, umilmente smagliante, e dalla sorprendente fotogenia, emerge con una serie di interpretazioni nella parte del giovanotto simpatico, ingenuo e gioviale, corteggiato da ragazze maliziose, nei film di Luciano Emmer (Una domenica d'agosto del 1950, Parigi è sempre Parigi del 1951, Le ragazze di Piazza di Spagna del 1952, Il bigamo1956); di Claudio Gora ( Febbre di vivere del 1953); di Carlo Lizzani (Cronache di poveri amanti del 1954); di Giuseppe De Santis (Giorni d'amore del 1954).
Ricordando quest’ultimo film, in cui interpreta un giovane contadino ciociaro, così si esprime l’attore in un’intervista a Matilde Hochkofler: "Sono stato contento di fare questo contadinello simpatico nel film di De Santis, e poi c' era il ritorno un po' a certe origini perché si svolgeva in Ciociaria e io sono ciociaro. Fu un piccolo viaggio sentimentale in questa terra , è un film di cui conservo un bel ricordo".
Gli anni Cinquanta decretano il suo successo di attore cinematografico: in dieci anni gira quasi 40 film, con interpretazioni di livello sempre più elevato che lo portano a conquistare i primi riconoscimenti importanti e l’ammirazione del pubblico di tutte le età.
Tra i film più apprezzati di questa prima fase sono da ricordare : Peccato che sia una canaglia (1954) di Alessandro Blasetti (premiato con la Grolla d’oro) e Giorni d'amore (premiato con il Nastro d’argento del 1954 e con il Gran Premio per il miglior film al festival di San Sebastian nel 1955). Vanno anche ricordati, come film significativi di questo periodo, I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, Un ettaro di cielo di Glauco Casadio (1959), Adua e le compagne (1960) e Fantasmi a Roma, (1961) di Antonio Pietrangeli.
Nel 1957 è di nuovo diretto da Luchino Visconti, questa volta al cinema, in Le notti bianche, da F.M. Dostoevskij: è un’esperienza importante, nuova, che gli permette di sperimentare un diverso modo di fare regia da parte di Visconti e la diversa tecnica di recitazione tra teatro e cinema. Lavorerà di nuovo sotto la direzione di Visconti nel 1967 nel film Lo straniero, tratto dal romanzo omonimo di Camus e prodotto dalla Master Film, la casa produttrice fondata dallo stesso Mastroianni che aveva già prodotto Spara forte, più forte…non capisco! (1966) di Eduardo De Filippo, tratta dalla commedia Le voci di dentro dello stesso autore. Dopo la produzione di questi due film la Master Film chiuderà i battenti.
Gli anni cinquanta vedono nascere il sodalizio artistico, ma anche l’affettuosa amicizia, con Vittorio De Sica (per il quale Marcello ha avuto fin dai primi anni un’ammirazione particolare) e Sofia Loren: soprattutto sotto la direzione di De Sica Marcello e Sofia realizzano un’intesa perfetta che consentirà loro di girare nell’arco di quaranta anni, con diversi registi, ben undici film, undici veri capolavori: Tempi nostri -Zibaldone n. 2,1954 di Blasetti; La bella mugnaia,1955 di Mario Camerini; La fortuna di essere donna, 1956 di Alessandro Blasetti; Ieri, oggi, domani,1963 di Vittorio De Sica; Matrimonio all'italiana ,1964 di Vittorio De Sica; La moglie del prete, 1970 di Dino Risi; I girasoli, 1970 di Vittorio De Sica; Una giornata particolare,1977 di Ettore Scola; Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova.Si sospettano moventi politici, 1978 di Lina Wertmüller;Prêt-à-Porter,1994 di Robert Altman. In quest’ultimo film Altman ripropone dopo molti anni, in chiave ironica, la scena famosa dello spogliarello di Sofia.
Lo stesso Marcello definisce questo periodo forse il momento più bello non solo della mia vita di attore ma della mia vita di uomo. E il lavoro di attore lo definisce il lavoro più bello del mondo perché` non si cresce mai, si viene accuditi, truccati, guidati, si può fare eternamente i bambinoni, interpretare i propri sogni…”.
Ma il momento felice della vita artistica di Marcello deve ancora arrivare!
Esso si realizza con l’incontro con Federico Fellini, che nel 1960 gli propone di interpretare il ruolo del protagonista ne La dolce vita e con il suo metodo di lavoro, creativo e giocoso, fa emergere tutte le potenzialità dell’attore, gli fa vivere quella che egli stesso definisce “l’avventura meravigliosa, l’esperienza più esaltante della mia carriera e della mia vita, in senso assoluto…. Sin da quando iniziammo a girare, ebbi l’impressione che avrei preso parte a un evento eccezionale, e così fu, anzi a quella prima impressione corrispose una stupefazione sempre maggiore. Fu qualcosa di irripetibile…”.
Marcello vive un momento di grande tensione, prova il brivido del cambiamento, prende coscienza delle sue straordinarie capacità e della sua maturazione artistica, spicca il volo e da attore italiano diventa divo internazionale: da questo momento aggiunge fascino alla sua immagine, è capace di affrontare qualsiasi ruolo, si afferma come l’attore più rappresentativo del cinema italiano del dopoguerra, diventa l’attore italiano più riconoscibile nel mondo, il più imitato, il non ancora uguagliato. L’incontro con Fellini, il successo de La dolce vita, con il prestigioso Nastro d’argento, lo avvicinano sempre di più a un lavoro maggiormente creativo e personale. Con Fellini raggiunge un’intesa perfetta e un’amicizia fraterna che gli consente di incarnare le insoddisfazioni, le carenze, le debolezze che mettono in crisi l’artista e di divenire il suo alter ego in Otto e mezzo (1963), il film più complesso e impegnativo, ma anche il più estasiante della sua carriera artistica, della carriera artistica di Federico Fellini e, si può dire, del cinema italiano. Con Fellini realizza altri tre capolavori: La città delle donne (1980), Ginger e Fred (1986) e Intervista (1987).
A partire dagli anni Sessanta il nostro attore perde la sua aria provinciale, interpreta ruoli sempre più diversi, frutto di uno studio accorto e puntuale: così passa man mano dal semplice contadinello ciociaro di De Santis, dal tassista bello e simpatico e dai ruoli stereotipati dei primi film, al “cittadino”, all’intellettuale, al giornalista, al professore, all’uomo di mondo, rappresentando con la stessa disinvoltura il bello, il brutto, il ridicolo, il giovane, il vecchio, perfino l’omosessuale o l’uomo incinto.
Subito dopo La dolce vita diventa l’attore italiano più ricercato e più amato nel mondo: nel 1962 è sulla rivista americana Time con un servizio speciale dedicato all’attore straniero più apprezzato e ammirato, viene premiato al Festival di Mosca e viene invitato a presentare con Fellini 8 1/2 al Festival Theatre di New York. È la prima volta che si reca in America, dove visita le città più importanti, incontra tanti attori, si reca a Hollywood e a Los Angeles e ottiene un successo eccezionale da parte del pubblico e dei cineasti americani. Ma non si lascia sedurre dal cinema americano e rifiuta qualsiasi proposta di lavoro.
Nel ’65 a Roma si trasferisce in una villa lussuosa, in via di porta S. Sebastiano.
Ora è preso da un’attività cinematografica febbrile: poliedrico e fantasioso, è ricercato dai registi più importanti e impegnati, già conosciuti o nuovi, dai quali si lascia dirigere per film di qualsiasi genere, per personaggi più disparati, indimenticabili.
Con molti registi instaura rapporti di profonda stima e affettuosa amicizia, che renderanno il suo lavoro più piacevole e creativo e che dureranno anche fuori dal set , per tutta la vita. Così nascono i suoi capolavori con Mauro Bolognini (Il bell'Antonio, 1960; Per le antiche scale, 1975); Michelangelo Antonioni (La notte, 1961); Elio Petri (L'assassino, 1961; La decima vittima, 1965; Todo modo, 1976); Pietro Germi (Divorzio all'italiana,1961); Valerio Zurlini (Cronaca familiare, 1962); Mario Monicelli (Vita da cani,1950 di Monicelli e Steno;Il medico e lo stregone, 1957; Padri e figli, 1957; I soliti ignoti, 1958; I compagni, 1963; Casanova '70, 1965; Le due vite di Mattia Pascal, 1985); Vittorio De Sica (Ieri, oggi, domani, 1963; Matrimonio all'italiana, 1964; Amanti, 1968; I girasoli, 1970); Dino Risi (Il viale della speranza, 1953; La moglie del prete, 1971; Mordi e fuggi, 1973; Fantasma d’amore, 1981); Marco Ferreri (L’uomo dei cinque palloni, 1965; Break-up, riedizione integrale dell'episodio di Oggi, domani e dopodomani, 1965; La cagna, 1972; La grande abbuffata, 1973; Non toccare la donna bianca, 1974; Ciao maschio, 1978; Storia di Piera, 1983); Luigi Comencini (La valigia dei sogni, 1953; La donna della domenica, 1975; L'ingorgo - Una storia impossibile, 1978); Lina Wertmüller (Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova, si sospettano moventi politici, 1978); Ettore Scola (Dramma della gelosia - tutti i particolari in cronaca, 1970; Permette? Rocco Papaleo, 1971; Una giornata particolare, 1977; La terrazza, 1980; Il mondo nuovo, 1982; Maccheroni,1985; Splendor,1989; Che ora è?,1989; Paolo e Vittorio Taviani (Allonsanfan, 1974); Francesca Archibugi (Verso sera, 1990); Liliana Cavani (La pelle, 1981; Oltre la porta, 1982); Marco Bellocchio (Enrico IV, 1984); Giuseppe Tornatore (Stanno tutti bene, 1990).
Nel 1966 Marcello decide di tornare al teatro con un genere nuovo per lui, la commedia musicale: per circa tre mesi canta e balla al Sistina interpretando con la regia di Garinei e Giovannini il ruolo di Rodolfo Valentino in Ciao Rudy, lavoro che però non conclude, pagando un’alta penale, perché chiamato di nuovo da Fellini per girare Il viaggio di G. Mastorna. Sfortunatamente questo film non verrà realizzato e Mastroianni, per recuperare la somma pagata, accetta di girare Il papavero è anche un fiore di Terence Young.
Nel 1968 sul set di Amanti di Vittorio De Sica incontra Faye Dunaway, la protagonista femminile, con la quale avrà una storia sentimentale.
Dal ’68 al ’70 è spesso negli USA e a Londra; qui gira Diamanti a colazione (Diamonds for breakfast), diretto da Christopher Morahan e Leone l’ultimo di John Boorman .
Nel 1971 gira con la regia di Luigi Magni Scipione detto anche l’Africano, film in cui per la prima e l’unica volta recita come attore il fratello Ruggero, il montatore cinematografico, nelle vesti di Scipione Emiliano: fratelli anche nel film i due Mastroianni vivono un’esperienza singolare, molto divertente insieme a Silvana Mangano, amica e amore giovanile di Marcello.
Dal 1971 al 1974 Marcello si trasferisce a Parigi, città che lo conquista fino a diventare la sua patria d’elezione, dove ha una relazione con l’attrice Catherine Deneuve, dalla quale il 28 maggio del 1972 nascerà la figlia Chiara, che diventerà anch’essa attrice. Con la Deneuve interpreta: Tempo d’amore (Ça n’arrive qu’aux autres) di Nadine Marquand Trintignant (1972), e La cagna (girato in Italia nel 1972), La grande abbuffata (La grande bouffe),1973 e Touche pas à la famme blanche (Non toccare la donna bianca), 1974, tutti e tre diretti da Marco Ferreri.
A Parigi Marcello, a suo agio per l’ambiente culturale e la compagnia degli amici, ma anche per la lontanza dai clamori giornalistici, risiederà per periodi più o meno lunghi, anche dopo che il rapporto con Catherine Deneuve si interrompe, vivendo anche un’intensa attività cinematografica e teatrale.
In Francia Marcello interpreta ancora Che? di Roman Polanski nel 1972, Salute l’artiste (L’idolo della città) di Yves Robert 1973, L’evenement le plus importante depuis que l’hommea marché sur la Lune (Niente di grave, suo marito è incinto), 1973 di Jacques Demy.
Ormai Marcello è attore internazionale: il suo carattere docile e le sue notevoli capacità espressive gli consentono di entrare in sintonia anche con molti prestigiosi registi stranieri che lo vogliono protagonista nei loro film, nei quali egli si sforza di doppiare se stesso anche in lingue che non conosce, come l’inglese, il russo o il greco. Tra i registi internazionali, alcuni conosciuti già negli anni Cinquanta, oltre ai già citati registi francesi, non si possono non ricordare per la qualità e il successo dei film Jules Dassin,(La legge 1959); Louis Malle (Vita privata, 1961); Bruno Barreto (Gabriela, 1983); Pál Sándor Miss Arizona, 1987); Christian de Chalonge (Il ladro di ragazzi, 1991); Roman Polanski (Che?, 1972); George Pan Cosmatos (Rappresaglia, 1973); Theo Angelopulos (Il volo, 1986, Il passo sospeso della cicogna,1991); Nikita Mikhalkov (Oci ciornie, 1987); Gene Saks (Cin Cin, 1990); Maria Luisa Bemberg (Di questo non si parla, 1992); Beeban Kidron (La vedova americana (Used People),1992); Bertrand Blier (Uno, due, tre, stella!, 1993); Robert Altman (Prêt-à-porter, 1994); Raul Ruiz (Tre vite e una sola morte, 1996); Manoel de Oliveira (Viaggio al principio del mondo, 1997).
Nel 1978 debutta con successo nello sceneggiato televisivo Le mani sporche, dall’omonimo dramma teatrale di Jean-Paul Sartre, prodotto dalla Rai in tre puntate con la regia di Elio Petri, che ne cura anche la traduzione dal francese e l'adattamento televisivo. Di nuovo gira per la televisione italiana nell’84 Le due vite di Mattia Pascal, con la regia di Mario Monicelli, sceneggiato liberamente tratto dal romanzo Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello, realizzato in tre puntate per la TV, in seguito ridotto per un film.
Se il nome di Marcello Mastroianni è strettamente legato con il cinema, con il miglior cinema italiano, non bisogna dimenticare che nella sua vita artistica un ruolo fondamentale lo riveste il teatro, e non soltanto agli esordi, con Luchino Visconti, ma anche in seguito. Nonostante i pressanti impegni cinematografici egli spesso torna alla dieta teatrale, come lui stesso la definisce, perché sente il bisogno di fare un po’ di pulizia nel suo modo di recitare. «Questo è un mestiere meraviglioso: ti pagano per giocare. E tutti ti battono le mani. Sì, se hai un minimo di qualità. Ma che si vuole di più?....... Il cinema, nella sua generosità, non pretende molto dall’attore. Qualche volta fa troppo freddo o troppo caldo e le difficoltà finiscono lì. Magari è interessante, ma il rigore del teatro è un’altra cosa. Quando entri in questo tempio dove non c’è mai il sole, dove ogni virgola diventa importante, dove se sbagli hai sbagliato e non puoi rifare niente […].Entro e esco dal mondo del teatro perché correre dei rischi fa bene, soprattutto a una certa età. Perché il teatro ti dà di nuovo voglia di divertirti. È il gioco più bello del mondo (Napoli - “Il Mattino” del 18 marzo 1996).
Nel 1983 da una grande prova di recitazione nel film di Luciano Tovoli Il generale dell'armata morta.
Nel 1984, dopo diciotto anni da Ciao, Rudy, Mastroianni recita a Parigi, in francese, in Cin Cin di Billetdoux, con la regia di Peter Brook, che gli offre l’opportunità di sperimentare un nuovo modo di lavorare in teatro, per lui più congeniale e molto entusiasmante. Con l’interpretazione di Mastroianni Cin Cin viene considerato a Parigi l’evento teatrale dell’anno.
Nel 1987 torna di nuovo in teatro per realizzare un sogno accarezzato trent’anni prima: interpretare Čechov, l’autore più amato e a lui più congeniale, con Partitura incompiuta per pianola meccanica, liberamente tratto dal Platonov e altri racconti cechoviani. La riduzione teatrale e la regia sono di Michalkov, un regista considerato dai più (e dallo stesso Mastroianni) un “genio”. Lo spettacolo, indimenticabile, realizzato al Teatro Argentina di Roma con un allestimento costosissimo, rappresenta un vero e proprio successo.
Nel 1988 torna in Ciociaria, ad Arpino, paese di origine dei suoi nonni, per girare Splendor, con la regia di Ettore Scola. È in questa occasione che torna a Fontana Liri, per un doveroso omaggio al suo paese natale, da cui è stato sempre lontano per motivi contingenti, ma che più volte ha ricordato nelle interviste e nei racconti di vicende familiari, rievocando il mestiere del nonno e del padre, la casa, le pietanze, il dialetto, gli aspetti più folkloristici.
Nel 1995 subisce un intervento presso l’American Hospital di Neuilly-sur-Seine per un tumore al pancreas ma, nonostante la gravità della malattia, non si abbatte. In breve tempo torna sul set per girare Sostiene Pereira di Roberto Faenza, Cento e una notte di Agnès Varda, Al di là delle nuvole di Michelangelo Antonioni e Wim Wenders. Nel 1996 gira Tre vite e una sola morte, di Raùl Ruiz e Viaggio all’inizio del mondo, di Manoel de Oliveira.
In Portogallo, durante le pause delle riprese di quest’ultimo film, Marcello, pur tra evidenti segni di stanchezza e sofferenza per la malattia, realizza con la regia di Anna Maria Tatò, la sua compagna degli ultimi anni, il film-documentario Mi ricordo, sì, io mi ricordo, ripercorrendo come in una confessione autobiografica, in maniera appassionata e giocosa, a volte ironica, i momenti più significativi della sua vita e della sua carriera artistica.
L’ultima pagina della sua carriera di attore Mastroianni la scrive con la rappresentazione teatrale de Le ultime lune, una commedia inedita di Furio Bordon, per la regia di Giulio Bosetti. Lo spettacolo, portato avanti per due stagioni in molte città italiane (1995-96), spesso interrotto per la crudele malattia che lo stava consumando, vede Marcello “rappresentare se stesso” nelle vesti di un ex professore ottantenne che riflette con lucidità sull’emarginazione e sulla solitudine degli anziani mentre il tempo della vita si abbrevia sempre più. Il successo di questo spettacolo è travolgente. L’ultima rappresentazione, “eroica“per le sue condizioni di salute, la tiene a Napoli il 1° Novembre 1996: è stremato nel fisico e nell’animo tanto da dover recitare seduto e spesso è vinto dalla commozione per l’argomento che lo tocca molto da vicino, ma realizza una rappresentazione sublime, unica, conclusa fra applausi interminabili che accompagnano il sipario che cala per l’ultimo atto della commedia e della sua vita.
Marcello muore a Parigi il 19 dicembre 1996.
A Roma, in segno di lutto, la Fontana di Trevi, simbolo del film La dolce vita e indubbia icona del cinema italiano, resta chiusa per un giorno, silenziosa, listata a lutto con dei lunghi drappi neri per volere dell’Amministrazione comunale, mentre un’infinita sequenza di ammiratori rende omaggio alla salma, traslata nella capitale italiana ed esposta nella camera ardente allestita in Campidoglio, prima di essere tumulata nel cimitero del Verano.

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